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Autonomia differenziata: “La maledizione perfetta per il Sud e il Paese”

La UIL non ha certo intenzione di gettare la spugna sul tema dell’autonomia differenziata. E ci chiediamo come il Ministro Calderoli abbia ritenuto andare avanti su questo malsano progetto camuffandolo come rispettoso del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Questo è un disegno che attacca i diritti delle persone, non li favorisce, perché i diritti non sono regionalizzabili: sono del cittadino e non di un territorio e vanno assicurati “prescindendo dai confini territoriali dei governi locali” (art. 120 Cost.)

Ancora: un disegno di legge che è diventato trattativa Governo – Regioni tenendo fuori volutamente il Parlamento, chiamato solo a ratificare gli accordi. Elementi solo questi sufficienti per gridare ancora una volta “No” a questo tipo di autonomia che camuffa il sogno secessionista della Lega.

Il perché del nostro no è molto semplice e ruota intorno ai LEP (Livelli essenziali di Prestazione). Nella relazione che accompagna il disegno di legge la spesa storica esce dalla porta e ritorna dalla finestra. Si dice che la cabina di regia che dovrà fissare il LEP, entro un anno, estenderà la sua ricognizione alla spesa storica sostenuta dallo Stato nei vari territori. Significa che le Regioni che assorbivano meno fondi (perché danno meno servizi) ne avranno di meno mentre saranno privilegiate quelle che hanno sempre ottenuto più risorse, quelle del Nord, in ragione dei maggiori servizi garantiti per i diritti civili e sociali. Insomma: la cristallizzazione delle differenze.

Tanta, troppa propaganda sul tema, ma la verità è che il Governo sta spaccando l’Italia in due se non in tre, in quattro. Questo è il giudizio della UIL e questo è il dato, a parte l’inutile giro di parole e promesse da parte di questo o quel partito politico. I cittadini è bene sappiano della grande e grave responsabilità di queste scelte e gli effetti che tutto ciò produrrà all’Italia intera e a un Mezzogiorno già in ginocchio rispetto al resto del Paese.

Su Scuola e Sanità il Paese rischia gravi squilibri. Sulla Scuola si profila la differenziazione degli stipendi, più alti al nord e con il rischio di personale in uscita verso il settentrione. Sulla Sanità le regioni meridionali hanno pagato oltre 7 miliardi di euro alle regioni del Nord a causa della migrazione sanitaria. Quale modello di Sanità immagina il Ministro Calderoli in Puglia? Quando nel 2020 sono stati 25.191 i pugliesi che sono andati a curarsi altrove: 70mln versati dalla Puglia alla Lombardia e 45mln di euro all’Emilia Romagna.


È del tutto evidente la sordità rispetto al grido di allarme lanciato dalla UIL, ed ancor più grave l’assoluta cecità rispetto agli ultimi rapporti Censis, Eurispes, Svimez dai dati inquietanti di un Paese che triplica la spesa, non si riprende e cresce solo nei divari e disuguaglianze. Mi chiedo con quale presupposto, dopo questa forma di autonomia differenziata, si intenda far fronte a 760 mila nuovi poveri derivati dallo shock inflazionistico, qualcosa come 287 mila nuclei familiari e mezzo milione di poveri solo al Sud.

Dobbiamo fermare tutto questo. Dopo le mobilitazioni del 13 e 20 dicembre 2022, la UIL ha deciso di proseguire le iniziative. Abbiamo dato avvio a una mobilitazione a partire dal mese di febbraio, collaterale a un dialogo costante con le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, le pensionate ed i cittadini e, funzionale al sostegno della piattaforma confederale rivendicativa sui temi legati a Lavoro, Welfare, Pensioni e molto altro ancora. In Puglia, a Bari il 16 febbraio, terremo una grande assemblea pubblica finalizzata a informare per fermare decisioni, come anche quella dell’Autonomia differenziata, che rischiano di essere la maledizione perfetta per il SUD e il Paese.

Dopo Gad Lerner, oggi Domenico Palmiotti. Domani a chi?

Piena e incondizionata solidarietà al giornalista del Quotidiano di Puglia, Domenico Palmiotti, per la notizia di querela che sarebbe partita da parte dell’ex presidente di Confindustria e di Camera di Commercio, Luigi Sportelli ora rappresentante di Acciaierie d’Italia in Confindustria. 

Non condividiamo il modus operandi – dichiara il Coordinatore provinciale della UIL Taranto Pietro Pallini-, a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi alla luce di un altro episodio di apparente analogia. Solo pochi giorni fa anche il giornalista de il Fatto Quotidiano, Gad Lerner, si è appreso essere stato destinatario di querela da parte di Acciaierie d’Italia.

Necessita allontanare ogni più recondito spettro di censura sostenendo la libertà di stampa e tutti coloro che di questa ne fanno fondamento di democrazia e vessillo per il bene di questa città e dell’intero Paese.

L’Italia è sprofondata al 58° posto nel mondo in tema di libertà di stampa, ed è necessario, oggi più che mai, essere al fianco di tutti coloro che in maniera professionale e ligia contribuiscono al bene di questo territorio, informando e narrando sui fatti che giornalmente avvengono.

La narrazione di eventi e fatti da parte di un giornalista non può di certo ledere l’altrui reputazione, quando, come in questo caso, si limita alla mera analisi di circostanze che poste all’attenzione della comunità null’altro fanno che favorire questa ed il dettato costituzionale del nostro Paese.

Autonomia differenziata – Pallini (UIL): Il Premier Meloni fermi il razzismo territoriale. Si rischia di creare una ‘Italia spezzatino’

Dalla riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, secondo cui tutte le regioni a statuto ordinario possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su 23 materie, l’idea che accarezza qualche partito in forza al Governo Meloni sulla cosiddetta “autonomia differenziata” è ripartita. Si continua a giocare con il fuoco sui diritti costituzionali.
La Lega, sul tema tanto caro alla Padania, ci ha provato due volte a rendere l’Italia uno spezzatino: prima con una riforma costituzionale nel 2005 e poi con una legge delega nel 2009, fallendo miseramente in entrambi i casi.
Oggi il partito della Padania, con un disegno di legge del Ministro Roberto Calderoli, ha di nuovo rimesso il piede sull’acceleratore di questo antico sogno del “federalismo”.

l’Italia, in questo delicatissimo passaggio epocale, va sostenuta unendo e non dividendo il Nord dal Sud. Nessuno la mandi a raccontare che sia la Costituzione a volerlo: le materie richiamate nel comma terzo dell’articolo 116 si possono attribuire forme e condizioni “particolari” di autonomia su richiesta e, queste forme e condizioni debbono essere, appunto, “particolari”.

Ora, la parte più delicata del ddl attiene ai LEP (livelli essenziali di prestazione) che devono essere garantiti per Costituzione su tutto il territorio nazionale e di cui si attende la definizione da oltre 20 anni.
I Lep attengono i diritti civili e sociali dei cittadini e delle cittadine e devono essere stabiliti prima delle richieste di autonomia differenziata, tanto da stabilire la quantità di risorse da erogare a ciascuna regione richiedente.
Il ddl, però, dice che se entro un anno dall’entrata in vigore dell’autonomia differenziata i Lep non dovessero essere definiti, allora, tali risorse alle regioni verrebbero erogati sulla base della spesa storica regionale.

Fare questo significherebbe affossare per sempre il Mezzogiorno del Paese dato che le risorse verrebbero erogate dallo Stato alle regioni non più in base ai Lep, che garantiscono i diritti costituzionali, ma in base al principio di cassa “chi ha speso di più deve avere di più”.
Va da sé che le regioni del Nord che storicamente erogano più servizi, essendo dotate di forza economica maggiore, continueranno a farlo ancora di più a discapito di quelle del Sud le quali soffriranno ancora di più. Il risultato? Un vero e proprio razzismo territoriale, i diritti non sono regionalizzabili.
Dire di sì a tutto questo significherebbe avviare un procedimento di regresso irreversibile del Mezzogiorno. La più grande incongruenza del nostro Paese, si legge nel rapporto Eurispes, è che il Sud vive in condizioni sociali, economiche e civili così dissimili da farlo sembrare quasi una nazione a parte.

Ci appelliamo ancora una volta al Premier affinché i diritti, siano essi civili che sociali, siano realmente del cittadino e non del territorio, assicurandoli prescindendo dai confini territoriali dei Governi locali (art. 120 della Costituzione italiana).
Si fermi il progetto di un’autonomia che più che differenziata sarebbe disuguagliante e si metta fine a questa insensata trattativa tra Governatori di regioni e, soprattutto, si metta al riparo il Paese da quella che rischia di materializzarsi come la perfetta maledizione del Sud.